Roland Fischnaller

Roland Fischnaller

9 MIN

La mia compagna era finalmente uscita dalla camera, era bianca come un cadavere, distrutta da quella che era stata una notte terrificante e lunghissima.

Mentre la accompagnavo nel bagno dell’ospedale per aiutarla a lavarsi i denti mi è letteralmente svenuta tra le braccia.

Me ne stavo lì con l’amore della mia vita tra le mani in un bagno d’ospedale e non potevo far altro che chiedermi:

in che film sono finito?

Roland Fischnaller

Davvero non lo sapevo in che film ero finito, di sicuro sapevo che quella non poteva essere la vita vera: era troppo doloroso per essere reale.

Era l’anno olimpico, quello di Sochi 2014, e come chiunque altro cercavo di prepararmi al meglio per l’esperienza a 5 cerchi, ero concentrato e felice.

In primavera del 2013, quindi a 7/8 mesi dalla partenza per la Russia, ho deciso di andare da casa mia a Sochi in bicicletta. 3224 chilometri partendo dal mio garage e arrivando al punto esatto dove sarebbe sorto il villaggio olimpico.

Un po’ allenamento, un po’ pellegrinaggio.

Un modo per muovere le gambe mentre preparo anche il mio cuore e la mia mente a visualizzare l’obiettivo.

Ho fatto fatica, non sono mica un ciclista, ma dopo 16 giorni di pedalate e 8 Paesi diversi attraversati ero giunto a destinazione ed ero pronto a tornare a casa dove mi aspettavano la mia donna e la nostra figlia più grande.


Quando sono rientrato tutto era davvero perfetto.

Avevo tutto quello che un uomo potesse volere: una casa sulle mie montagne, una donna che amavo, una figlia, un grande scopo davanti e la voglia di fare fatica per arrivarci.

Non serve nient’altro nella vita.

Ma le mie fortune non erano finite perché da lì a poco arrivò un altra sorpresa: sarei diventato papà ancora, per la seconda volta.

Ho toccato il cielo con un dito e mi sono rimesso in tavola con uno spirito ancora più forte, sentivo che non avrei gareggiato solo per me, ma per tutti e 3.

 

Il termine della gravidanza era previsto dopo le Olimpiadi e io sognavo di tornarmene dalla Russia con una bella medaglia da appendere nella cameretta nuova come un carillon.

Roland Fischnaller

Poi, in una notte maledetta di fine Dicembre, mi hanno tolto di colpo il tappeto da sotto i piedi e mi hanno fatto precipitare.

La mia compagna aveva un fortissimo mal di pancia, siamo corsi in ospedale e il peggiore degli incubi di ogni coppia è diventato la realtà per noi: il medico ci disse che il bambino aveva un’infezione e che sarebbe nato morto.

Lei avrebbe dovuto sdraiarsi e spingere, come avviene in un parto normale, ma sapeva che ciò che portava in grembo non respirava già più.

Mi sono sentito come se fossi stato colpito da un fulmine.

Improvvisamente tutto il peso del Mondo mi è stato buttato sulle spalle.

Mi sentivo male per me, male per lei, male per la mia famiglia.

Avrei voluto essere capace di prendere il loro dolore e tenerlo tutto io.

Ma non potevo.

Mi sono seduto fuori dalla sala parto e ho pianto, la prima volta da quando ero bambino. Non capivo più dov’ero, dov’era la mia pelle.

Poi lei è uscita, stremata e l’ho accompagnata a lavarsi i denti.

Roland Fischnaller

Nelle settimane successive sono scesi tra noi un grande silenzio ed una grande tristezza.

Io avevo perso ogni stimolo ad andare in tavola e quando uscivo per andarmi ad allenare e chiudevo la porta di casa alle dietro di me, sapendo che lei era sul divano a piangere, il mio cuore si spezzava, un pochino tutti i giorni.

Oggi che guardo indietro so che mi sarei dovuto fermare, avrei dovuto fregarmene della stagione e stare lì, al suo fianco ogni ora, ma ho continuato a fare il mio mestiere convinto che la vita dovesse andare avanti, anche se io non ero ancora pronto a passare oltre.


Sulla tavola io non riconoscevo più il mio corpo.

I muscoli erano allenati e funzionavano ma erano infettati da un virus che non conoscevo, che stava mangiando tutte le mie certezze, le mie capacità.

L’olimpiade è stata un inferno, sulla pista e nella mia testa.

Stavo vivendo i giorni dentro il corpo di qualcun altro e desideravo solo tornare a casa dalle mie due fantastiche donne.

La neve non mi voleva più bene come prima.

Roland Fischnaller

In primavera, finito il circo della stagione, io e lei ci siamo seduti e ci siamo parlati, cuore a cuore.

Dovevamo trovare un modo di accettare la volontà di Dio ed andare avanti insieme, come un uomo ed una donna che si amano e non più come due fantasmi uniti dal dolore.

Abbiamo deciso di fare un rituale.

Abbiamo deciso che era giusto salutarlo.

Siamo saliti sulla vetta di una montagna, noi due soli, mano nella mano.

Su fino in cima, un salita difficile.

Ma non doveva essere facile.

Arrivati in cima abbiamo preso un palloncino azzurro e ci abbiamo scritto sopra il nome che avevamo pensato per lui: Dominik.

Poi, insieme, ci abbiamo scritto sopra anche tutto quello che avremmo voluto per lui nella vita.

Infine l’abbiamo lasciato volare via libero.

Ci siamo abbracciati ed abbiamo pianto come dei bambini, ma da quel momento non ne abbiamo più parlato.

Il capitolo, per quanto doloroso, era chiuso ed avevamo nuovamente la forza di andare avanti sostenendoci a vicenda.

Come un grosso blocco di ghiaccio in mezzo al petto che si scioglie e ci permette di tornare a respirare insieme.


Vuoi continuare sulla tavola

mi chiese

Certo

risposi.

Avevo ritrovato il mio equilibrio, gli stimoli ed il piacere di fare fatica per qualcosa e a lei era tornato il sorriso mentre mi guardava farlo.

Si è trattato senza dubbio della mia stagione migliore e mi ha portato anche a vincere i Mondiali.

Nel frattempo, in un giorno che come tanti altri di questo periodo non potrò mai dimenticare, lei mi disse che aspettava un bambino di nuovo.

Era tutto diverso, tutto calmo e sereno, nessun dubbio ha sfiorato le nostri menti neppure per un secondo.

Ci prendevamo solo cura l’uno dell’altro, con amore, con dolcezza e tutto filava via liscio: la gravidanza a casa e la mia tavola in pista.

Roland Fischnaller

Il 2 maggio 2015 è nata la nostra piccola Heidi e l’anno dopo anche Florian, l’ultimo arrivato.

Ogni sera quando dormono e faccio il giro delle stanze per dar loro il bacio della buonanotte ringrazio con tutte le mie forze il Capo che sta Sopra, perché non c’è niente che un uomo possa desiderare di più bello.

Quello che ha colpito la nostra famiglia è un dramma che purtroppo devono affrontare in tanti, non siamo i soli, e siamo convinti che il racconto, la condivisione possa aiutare chi soffre a guardare avanti con fiducia.

I momenti duri possono prenderti a schiaffi e buttarti a terra ma bisogna sempre trovare la forza di sostenere le persone che si amano.

Le difficoltà ci hanno unito come coppia, ci hanno avvicinati ancora di più, prendendoci cura l’uno del dolore dell’altro.

È stato difficile non permettere al rammarico ed alla sofferenza di mettersi in mezzo a noi e di dividerci, molto difficile. Ma oggi possiamo condividere con chiunque soffra per una cosa del genere il nostro messaggio di fede e di amore.

State vicini l’uno con l’altro perché la vita vi sorprenderà sempre, se avete la forza di lasciarglielo fare.

Roland Fischnaller / Contributor

Roland Fischnaller