Fabio Scozzoli

Fabio Scozzoli

11 MIN

Siamo tutti alla ricerca di qualcosa di straordinario, qualcosa di eccellente.

In piedi spalla contro spalla sul bordo di una piscina sempre diversa eppure quasi sempre uguale, ognuno di noi esegue rituali vecchi e nuovi, scanditi nel loro incedere, ripetendosi, dalla precisione d’uno stesso cronometro che vale per tutti.

La vasca di scioglimento, lo stretching, il riscaldamento.

Ma anche: un costume piuttosto che l’altro, che aderisce meglio e non ci entra l’acqua quando ti tuffi; la musica nelle cuffiette; quel lancio di dadi che determina in che corsia inseguirai il tuo straordinario.

Gli sguardi dei nuotatori s’assomigliano tutti.

Occhi chiari oppure scuri, sopracciglia folte oppure no, barba incolta o da vichingo, guance ciccione o scavate, fronte coperta dai capelli oppure tristemente nuda: non importa.

Lo sguardo di ogni nuotatore offre un punto di fuga, anzi due.

Due piccoli calli, due palline che si formano tra le palpebre e le sopracciglia e, dopo un po’ che ce le hai, non se ne vanno più.

Sono state scolpite, come se fossero di marmo, dagli occhialini che ci sigilliamo sulla faccia, così stretti che non ci entra l’acqua, o la luce, e che non ci escano quei pensieri che ci serve tener dentro per lavorare a qualcosa d’incredibile.

Fabio Scozzoli

A bordo vasca quindi, in attesa dei nostri 50, 100 o 200 metri da consumare.

Take your marks

Letteralmente “prendete il vostro posto”.

Quale posto però?

Il mio blocco di partenza?

Il mio posto sopra ad un aereo che mi porterà ad una grande competizione internazionale?

Un posto nella storia o nella memoria della gente?

Mezzo secondo in meno può far durare mezzo secolo la tua fama.

Mezzo secondo in più può dimezzarti lo stipendio che è già mezzo se paragonato a quello di chi nuota mezzo secondo più veloce di te.

E quello, di solito, parte pure nella corsia in mezzo.

Lottiamo contro noi stessi, contro la natura e contro le leggi della fisica e del buonsenso, ogni giorno, a volte persino due volte al giorno, per limare centesimi, per livellare una corsia nella quale sembra che l’acqua abbia creato una collina e a noi tocca provare ad appiattirla oppure a renderla in discesa.

Per inseguire il nostro meglio ci viene chiesto di produrre un qualche cosa di incredibile.

Ma per essere, per costruirti come, un atleta incredibile devi imparare a scriverlo nella maniera più corretta:

Fabio Scozzoli

INCREDIBILE

Soltanto essendo credibile potrai prendere il tuo posto, qualunque desideri che sia.

Lascio l’incredibile risuonare nelle frasi degli altri, nelle valutazioni di chi guarda da una seggiola molto distante dal bordo vasca.

E costruisco per me e per la mia fatica qualcosa di straordinariamente credibile.


Non sono sempre riuscito ad essere credibile quanto avrei voluto nel corso della mia carriera, almeno non per quello che riguarda i risultati.

Sono stato cresciuto come un atleta-soldato.

Da giovane mi hanno insegnato poche, basilari regole indistruttibili.

Immarcescibili al tempo, come le tavole della legge che sono state scritte sulla pietra più dura.

Bisogna lavorare oltre i propri limiti: se fa male fa bene.
Non si deve mai dubitare di quello che si sta facendo durante un allenamento: se decidi di crederci lo fai senza riserve.

Sposare una causa per me ha sempre significato anche identificarmi con essa.

Ma questo a volte non è bastato a raggiungere quello che desideravo, ed alcune di queste volte sono durate così a lungo da mettere a dura prova anche la mia inscalfibile fede nel lavoro.

 

A inizio settembre del 2014, per esempio, mi trovavo a Singapore, per partecipare allo Swim Stars, un evento talmente bello da essere, lui sì, quasi incredibile, nel senso di non credibile.

Si trattava di una manifestazione ad invito: per ogni specialità si sarebbero esibiti i migliori otto al Mondo, su due distanze, i 50 ed i 100 metri. Un livello stupefacente ed una cornice fiabesca.

Arrivai a quella gara dopo aver trascorso una stagione a casa, senza le gare, limitandomi all’allenamento. Circa un anno prima infatti mi ero rotto un ginocchio e pertanto non mi sentivo competitivo a sufficienza per confrontarmi con gli altri.

Meglio lavorare

mi ero detto,

e quando sarò pronto ripartirò già dal livello massimo di competitività.

Lo Swim Stars era quindi il mio primo appuntamento pesante, sulla via del ritorno, che io immaginavo come un calendario dell’avvento, quello che ti danno da bambino quando aspetti il Natale e dentro, ad ogni casella, c’è un cioccolatino.

Ed invece si sarebbe rivelato tutt’altro, qualcosa di notevolmente meno dolce.

 

Quello era stato l’anno dell’esplosione di Adam Peaty, ranista straordinario, che aveva fatto registrare a Berlino il suo primo record del Mondo sui 50.

Vinsi quella gara, precedendolo di un decimo e facendo registrare un ottimo crono.

Il peggio è finalmente alle spalle

Sbagliavo.

Ho imparato a non dar mai nulla per scontato, che il cronometro può far in egual misura grandi sorprese e brutti scherzi.

Quel giorno, di fatto, iniziò per me una lunghissima crisi di risultati, della quale sono venuto a capo con molta sofferenza ed investendo praticamente tutto quello che avevo.

Fabio Scozzoli

Nella maggior parte delle storie ben scritte le difficoltà emergono impronosticabilmente, a seguito magari di un primo passo mosso in una direzione considerata universalmente giusta.

Giusta per tutti.

Mi sono trasferito in Austria da Dirk Lange, uno tra i migliori allenatori in circolazione, forse quello che io consideravo il più bravo in assoluto.

Volevo provare a crescere professionalmente.

Crescere accorciando.

Accorciando di qualche decimo la mia permanenza in acqua ad ogni gara.

 

Cambiare vita e metodo di lavoro è sempre e comunque un azzardo, una sfida e posso dire di averla persa quella scommessa lì.

I risultati tardavano ad arrivare ed io, che mi aspettavo un salto di qualità importante, mi sono ritrovato ad inciampare mentre rincorrevo il mio essere competitivo.

Non ho chiaramente mai smesso di essere credibile nel mio lavoro in settimana, vasca dopo vasca, ma non riuscivo a raccogliere alcuna soddisfazione, poi, alle gare.

Alcune delle mie doti tecniche, come l’accuratezza della partenza e la velocità nella virata, mi permettevano di rimanere su standard di eccellenza in vasca corta, dove, nei cento ad esempio, il numero di bracciate per vasca è quasi pari a quello totale di virate.

Ma in vasca lunga i tempi mi castigavano con regolare continuità.

A fine anno me ne sono tornato a casa, stufo di vedere il mio investimento economico, tecnico ed umano frustrato dalla mancanza di risultati.

Quando ho smesso di credere che quello fosse il progetto giusto per me ho preferito cambiare, prima di ritrovarmi a fare le cose venendo meno alle mie regole di base.

La mia ricerca d’equilibrio però non si è immediatamente conclusa con il semplice ritorno a casa, tutt’altro. È servito spostarmi ancora, e per quanto ciò avvenisse dentro confini che conoscevo meglio, molto meglio, questo non lo ha reso assolutamente meno sfiancante.

A tutti gli atleti capita di offrire una controprestazione, tutti possono sbagliare una gara.

Ma una crisi duratura è un mostro ben più difficile da abbattere.

Stavo accumulando mesi, che si sono fatti anni, senza ottenere mai lo straordinario al quale sacrificavo tutta la mia credibilità.

L’ho sacrificata tutta, al punto quasi, per fortuna solo quasi, di averla finita.

Quando, a prescindere dall’imput che gli viene proposto, il corpo non risponde come vorresti la percezione cambia, la motivazione può iniziare a scemare e la fatica inizia a lasciar posto al nervosismo e alla rassegnazione.

Ho persino pensato di smettere, ma in realtà volevo solamente vedere se avevo abbastanza palle di dirmelo da solo a voce alta e no, non le avevo.

 

Quello è il momento in cui rimanendo credibili si fa qualcosa che per gli altri credibile non è: si ritorna.

Fabio Scozzoli

Senza pensare mai a lungo termine, godendo piuttosto dell’abitudinaria gioia data dalla sensazione della fatica massima.

Senza pensare mai al secondo che vorresti affettare via dal tuo ultimo crono, ma riuscendo a motivarsi per limarne via un centesimo alla volta.

Dopo aver fallito la qualificazione all’Olimpiade di Rio mi sono ricostruito.

Piano piano, lavorando in maniera diversa rispetto al passato e tornando a vivere nel solo modo produttivo per chi fa il mio mestiere: fidandomi di chi ho scelto per guidarmi.

Io, a differenza di quello che è il credere comune quando si parla di nuoto, il mio meglio non l’ho espresso a 24 anni, e neppure a 25 o 26.

Ma mesi e mesi dopo, forte della convinzione che ci siano sempre dei margini.

Convinzione acquisita dall’aver visto fallire la convinzione opposta.

Dicasi empirismo.

Non ho paura di vincere oggi, e non ho paura di perdere oggi, perché ho già fatto entrambe le cose in abbondanza.

Ma se una volta quando toccavo per primo il fondo vasca lo facevo con leggerezza oggi invece, quando mi capita di farlo, mi porto dentro all’ultima bracciata tutto il peso ed il piacere di ciò che mi ha condotto fino a lì.

Guardo i giovani con i quali combatto per raggiungere i traguardi che tutti noi abbiamo impresso negli occhi e penso al fatto che sono più fortunato di loro perché io, a trent’anni, ho solo avuto più tempo a disposizione per allenarmi.

Che io da giovane, verso le mie mete, correvo più veloce ma oggi, da vecchio, conosco la strada.

Fabio Scozzoli / Contributor

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