Alessandra Chillemi

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L'occhio vispo ruota improvviso e nell'orizzonte cerca uno sguardo nuovo,

Un'immagine fresca, sorretta dal caso, che insegna qualcosa che ancora non so.

Odori e profumi, passanti e bottegai, ginocchia rotte e braccia protese

La strada è compagna, sorella, badante, e il suo cuore d'asfalto batte col mio.

 

Oggi come ieri, e ieri come per sempre, la maestra è origine del mio sentire,

madre del mio ballare, il solo strumento che ho per ricordare chi sono.

Bimba diversa, coi riccioli in testa e il funk nelle vene,

studente modello di una materia lontana, venuta da Marte soltanto per me.

Alessandra Chillemi
Alessandra Chillemi

In principio fu la classica, come per tutte, così anche per me,

Eleganza di gesti ripetuti e sempre uguali,

dove vince chi non sbaglia, dove emerge chi interpreta il passato,

Silente e leggera come una firma in carta carbone.

 

Troppo stretta, per me.

Troppo lineare, per me, che sono fatta di curve e tornanti, di golfi e calette.

Anfratti segreti, nascosti e poi scoperti,

in cui accudire qualcosa di cui, neppure da sola, potresti mai indovinare il motivo.

Alessandra Chillemi

Così, piccola e cocciuta, protetta da alberi e foglie,

ho iniziato a rubare la conoscenza altrui, osservando ballare le ombre.

Silhouette sorrette dalla fede e sospinte dal vento,

di astronauti felici, con in tasca la convinzione di possedere il tempo.

 

Allora sono corsa a casa, “voglio fare questo” ho detto ai genitori stralunati,

i quali, bontà del loro amore, da quella stessa luna non sono affatto fuggiti,

ma mi hanno presa per mano e accompagnata fino ai cancelli del vento,

lasciandomi in dote soltanto una dolce pacca sul culo.

Alessandra Chillemi

Trottola corvina, ho iniziato a conoscere me stessa,

padrona di tutta la stazione quando ancora stavo, per intero, sul palmo d'una mano.

Il Ghettoblaster d’argento, alto quanto e più di me, graffia il mondo e il suo rigore,

perché le note restano sette, ma ognuna di loro ha qualcosa per me.

 

Bambina, ragazza e adesso persino donna in un gioco da maschi,

che non per tutti è stata di certo una buona idea.

Felpe giganti in cui sotterrare il mio dispiacere, come la testa di una tartaruga,

ma da cui, serpente in una cesta, sono sempre riemersa al rintocco dei giusti BPM.

Alessandra Chillemi
Alessandra Chillemi

Chilometri di strada, da calpestare o sorvolare, hanno fatto della breakdance

l’espressione terrena della mia anima immortale.

Un pezzo di spirito che anche gli altri possono vedere, per riflettere nei loro occhi

l’essenza di quel che poi, se mi spoglio, definisce soltanto me.

 

È una lotta silenziosa, l’arte che viviamo, come una giostra medievale

in cui si affrontano la tecnica e l’istinto, la fatica ed il talento.

La fazione del sudore è facile da raccontare,

perché comune a chiunque abbia fatto qualcosa di importante, in qualunque campo.

Alessandra Chillemi

La musicalità, invece, come un pensiero scappa, indefinibile per nascita,

requisito intangibile di un’impresa terrena, fatta di muscoli e fatta di ossa.

Non si può insegnare il ritmo, eppure inseguirlo e poi raggiungerlo è il solo modo

che abbiamo per fare di un forsennato ballo solitario un dialogo tra genti.

 

Ecco cos’è per me la break, inizio e fine di tutti i miei ricordi.

Un’identità che si fonde con la mia, che quasi assume le mie fattezze

e che riaffiora in superficie ogni volta che metto un piede sopra il floor,

tenendomi la mano nel silenzio di ghiaccio che precede la scoperta della prima nota.

Alessandra Chillemi

Arte in potenza, sfuggente come la canzone di cui non riesci a ricordare il titolo

ma che, da ore, fodera le pareti del tuo cranio, senza darti mai sollievo.

Impronta sulla sabbia, impronta sul cemento,

Immagine del tempo che passa e della città che dialoga con l’universo.

Un universo distante, ma che si fa sempre più piccolo,

e in cui il ruggito della strada e dei suoi corsari

non può più essere ignorato.

Alessandra Chillemi / Contributor

Alessandra Chillemi