Sofia Raffaeli

9 MIN

In pedana ci va sempre tutto.

Tutto quanto insieme.

Quello che sei, quello che sei stata e anche quello che vorresti diventare.

Ci vanno il tuo passato, le mille ore in palestra, i tuoi sogni.

Ci vanno le giornate intere trascorse a provare e riprovare gli esercizi, le coreografie, tutti i singoli elementi.

 

Ci vanno anche le immagini più distanti, quelle di me bambina, che per quattro ore ininterrotte sono rimasta incollata alla balaustra con gli occhi sognanti e la bocca spalancata, guardando per la prima volta le ragazze della ritmica.

Ero piccola, molto piccola, e venivo dalla ginnastica artistica, eppure è bastato quello, è bastato quel pomeriggio a Pesaro, per capire che non sarei più tornata indietro.

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© Simone Ferraro

Se anche potessi davvero tornare indietro nel tempo, sapendo quello che so oggi, e sussurrare all’orecchio di quella bimba, non saprei che consiglio darle.

Non saprei cosa suggerirle di fare.

Perché quella bimba ha già tutto in testa.

Tutto chiaro dopo un solo, singolo, pomeriggio di bellezza.

E per tutto quello che verrà dopo, per tutte le sfide dell’adolescenza e per tutte le avventure della vita adulta, non vorrei mai toglierle la soddisfazione di affrontarle senza sapere cosa l’aspetta.

Con il divertimento di scoprire tutto da sola.

Da quel giorno in avanti, la ritmica è diventata la mia seconda pelle, la mia seconda casa, la mia seconda anima.

Osservavo con curiosità tutto quello che facevano le ragazze più grandi, quello che facevano le campionesse alla tv, quello che faceva la mia allenatrice, che all’epoca era ancora in attività.

Guardavo, guardavo e guardavo ancora.

Non ne avevo mai abbastanza.

Non era mai troppo, per me.

Poi occupavo il salotto di casa, nel tentativo di replicare tutto quel che avevo visto.

A volte rompendo qualche soprammobile, altre volte picchiando la testa su qualche spigolo. Altre volte ancora stupendo me stessa e riuscendo nel mio intento.

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© Simone Ferraro

La ginnastica ritmica è come una scala.

Ogni piolo è un elemento nuovo, una competenza che prima non avevi, e più ne acquisisci e più evolve il tuo stile, che si completa, che si arricchisce.

Tutti gli sport sono complessi, specie se vissuti al livello più alto.

Ma la ritmica è diversa, perché è una sfida alla storia e una sfida alla fisica, alle capacità del corpo e della mente.

Le avversarie arrivano soltanto dopo.

E forse, a ben vedere, non sono poi neppure tanto importanti.

Ecco perché mi sento come se avessi già vissuto diversi cicli olimpici, anche se quelli di Parigi saranno i miei primi Giochi.

Lo sento perché il nostro è uno sport fatto di codici.

Di coefficienti, di tecnica.

E quando un codice cambia lo fa a qualsiasi livello, e nel momento in cui la disciplina prende una determinata direzione, altrettanto fanno le ginnaste di ogni età.

Lo stile cambia, si evolve, ed è il frutto del tempo che passa, della sensibilità del momento, delle volontà dell’intero sistema.

Eleganza e tecnica, interpretazione artistica e qualità del maneggio: l’esercizio nasce e cambia con te, ispirato dagli spunti di chi è venuta prima, senza per questo smettere di cercare la propria identità.

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© Simone Ferraro

Lo stile conta, certo.

Di quello non puoi davvero fare a meno.

Allo stesso tempo, però, è anche un qualcosa che ti cresce dentro, che segue le curve del tuo carattere, le evoluzioni della tua persona.

Anche per questo è importante avere vicino qualcuno che ti conosce davvero, che sappia come parlarti, che sia in grado di comprendere e abbracciare anche i tuoi difetti.

Ci sono attrezzi che percepisco come la naturale estensione del mio corpo, come se fossero attaccati alle mie gambe e alle mie braccia da un filo invisibile, che li riporta sempre docilmente verso riva.

Cerchio e clavette: sono la mia marea.

La palla, invece, è più complessa, perché in quel caso, sono io ad inseguire lei, e non viceversa. Sono io a doverla accarezzare per tenermela vicina, sempre io a dover sentire con i polpastrelli le sue più piccole vibrazioni.

È come un’amicizia nata tardi e che devi coltivare tutti i giorni.

Il nastro, poi, è ancora diverso, e assomiglia a quelle persone che non vedi da un po’, e che all’inizio non sai bene come prendere, ma che col passare dei giorni tornano ad esserti vicini, un passetto alla volta.

Tornano a sapere come funzioni, tornano a capire come parlarti, e come, insieme, potrete parlare al Mondo.

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© Simone Ferraro

Lo stile è un complesso organismo vivente, dove tutto si relaziona con tutto contemporaneamente, e dove tu resti al centro, come se fossi il cervello pensante di ogni dialogo. E in quel flusso nasce la ginnasta che sei e che diventerai, quella che, nel mio caso, vuole lasciare sempre a bocca aperta.

Non per un singolo elemento, o per una qualità ben precisa, ma per il profumo che ti lascia un intero esercizio.

Anche per questo, un esercizio non può piacerti un pezzo alla volta.

Devi sentirlo tuo, subito.

Fin dal primo istante.

È un colpo di fulmine, un amore a prima vista.

Non può essere altrimenti perché poi richiede un enorme dose di tempo e di fatica per essere perfezionato, fin nei suoi più piccoli elementi.

E se non ne sei del tutto rapita tu, in prima persona, quel livello di dedizione è difficile da mettere al servizio di qualcosa. Deve prendere allo stomaco te, strabiliare te, lasciarti sospesa, come se non vedessi l’ora di saperlo pronto.

Perché quella trepidazione poi devi trasmetterla a tutti gli altri, ed è un’emozione che non può comparire magicamente dentro gli elementi.

È un qualcosa che hai dentro, e che devi tradurre in gesti affinché lo vedano anche gli altri. È come giocare a nascondino con l’anima, tu devi sentire se la via è quella giusta, ma solo quando hai preparato ogni cosa puoi condividerla con gli altri.

Ci vuole tempo e tanta pazienza, perché la ginnastica è un gioco a non sbagliare, un inseguimento a qualcosa che, per definizione, non potrà essere mai raggiunto.

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© Simone Ferraro

La perfezione esiste soltanto nelle idee e nei racconti.

Serve a guidare la tua fatica, a dare una direzione al tuo allenamento, e anche a farti scoprire, pian piano, dei pezzetti di te.

Frammenti, intesi come angoli della tua persona, che sono importanti quanto se non di più di quelli che ti compongono come ginnasta.

Perché ognuno ha un modo proprio di vivere lo sport e di interpretare il momento.

Un modo proprio di far dialogare tutte le sue cose.

E un modo che funziona davvero soltanto se riflette anche l’essere umano che sei.

Per questo, in pedana insieme a te, ci deve sempre venire tutto quanto.

Senza filtri e senza paure.

Sofia Raffaeli / Contributor

Sofia Raffaeli