arianna talamona

Arianna Talamona

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Se lanci una moneta 100 volte, 50 di queste, ricadendo, uscirà testa. Le altre 50 invece, uscirà croce.
Si chiama probabilità e l'abbiamo studiata tutti a scuola. E' una delle poche cose della matematica che possiamo toccare, sperimentare in modo semplice e immediato.
Abbiamo provato tutti a sfidare questa legge, ma alla fine vince sempre lei.

Quando i miei genitori hanno deciso di mettere su famiglia, dando alla luce due bambine, mia sorella e poi me, non sapevano che stavano di fatto lanciando due monete d'oro.
Mia madre è affetta dalla Sindrome di Strumpell-Lorrain.
E' una malattia rara, degenerativa ed ereditaria.
Ma questo, la mamma, lo ha scoperto solo 25 anni fa.
Quando era giovane, e mostrava i primi sintomi della malattia, i medici le hanno erroneamente diagnosticato un trauma legato alla nascita, dovuto al parto difficoltoso della nonna.
Poi sono nata io, e vedendo in me le stesse difficoltà agli arti inferiori che
aveva sviluppato lei nel tempo, sono riusciti a risalire alla vera diagnosi.

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Quando mia mamma aveva la mia età, era ancora in grado di fare lunghe passeggiate in montagna.
Ogni individuo sviluppa i sintomi diversamente che si acutizzano con una diversa personale progressione. Sono sicura che
sia stato difficile per lei rinunciare ad alcune cose che dava per scontate, proprio come quelle passeggiate nei boschi.

Ora usa la carrozzina, come faccio io. Anzi, sono stata io a convincerla ad usarla. Mostrandole che non significa rinunciare a qualcosa ma che al contrario ci permette di essere più autonome, di non doverci appoggiare per stare in piedi e avere le mani libere di fare e disfare.
Avere 25 anni 25 anni fa era più complicato.


Quanto meno se vivevi con una disabilità e nessuno ti insegnava a renderla la tua normalità.
Per me è stato importante avere la mamma vicino, sono cresciuta seguendo il suo esempio, in una realtà dove molte cose erano già state create su misura per me.
E' come se i miei genitori avessero passato il tempo della mia crescita a levigare tutti quegli spigoli, quegli angoli appuntiti e pericolosi sui quali mi sarei potuta ferire.
Ero una bambina un po' chiusa.
Poi sono cresciuta, e ho imparato, non senza rimediare qualche bernoccolo, a cavarmela da sola.

Sono una donna particolare e non ne faccio mistero. Non farei a cambio con la vita di nessun'altro.
Sono felice.
Sono andata a vivere lontano dal nido di casa appena finita la scuola, volevo studiare psicologia e l'unico modo per farlo era spostarmi dal paesino dove sono cresciuta trasferendomi a Milano.

arianna talamona

Sono una persona indipendente e mi sento realizzata.
Diciamoci la verità, questo è raro anche per una venticinquenne qualsiasi al giorno d'oggi.
Chi sono oggi è il risultato di un percorso interiore molto lungo.
Un viaggio tortuoso che ho fatto alla scoperta di me stessa.
E' difficile togliere dall'equazione la mia disabilità, ma sono sicura che questo sia stato lo spunto, il pretesto per iniziare un cammino che mi ha reso la persona che sono adesso.
Una persona e un'atleta pronta.
Pronta.
Non come quell'atleta, quell'Arianna, che è scesa in vasca agli Europei di Berlino 9 anni fa, quella no che non era pronta.

Il nuoto mi fa stare bene, l'acqua è il mio habitat.
E' stato così fin da subito quando da bambina ho imparato a nuotare al Club del Resort in Sardegna. Avevo paura dell'acqua fonda, ma come spesso accade, fidandoci di chi ci circonda possiamo superare le nostre paure e io mi sono fidata della mia insegnate che pazientemente mi faceva galleggiare a pancia in giù. Mi sorreggeva con una mano, ma sempre con meno pressione, fino a toglierla completamente senza che quasi me ne accorgessi.
Stavo galleggiando da sola e la paura dell'acqua fonda era svanita.
Per sentirmi pronta alle gare invece c'è voluto molto più tempo.


Per entrare a far parte della squadra nazionale di nuoto paralimpico bisogna cavarsela piuttosto bene in acqua, questo è certo. Ma è solo dopo che arriva il vero scoglio. Se vuoi partecipare devi essere bravo.
Se vuoi vincere, invece, devi spingerti oltre.
Devi metterti in gioco e io mi riconosco il merito di averlo fatto.
Di non essermi accontentata di essere li. Ho deciso di scavare, di capire su quali aspetti della mia vita potessi lavorare e poi di farlo, quotidianamente.

A praticare lo sport paralimpico sono atleti molti diversi l'uno dall'altro, e per ovvie ragioni ci sono categorie suddivise sulla base delle nostre abilità.
Tuttavia, non è affatto semplice il compito di inserire gli atleti in questa classificazione. Esiste una commissione chiamata ad attribuire dei punteggi per stabilire la classe di appartenenza e per quanto gli esperti si basino su referti medici e altre fonti attendibili, una parte del loro giudizio resta inevitabilmente soggettivo.

E' complesso per chi vede il tuo corpo dall'esterno, capire realmente quali siano le tue difficoltà, quali le guerre che stai combattendo.
Io per molti anni ho gareggiato nella categoria S7.
S7 significa che ti viene riconosciuto il completo uso delle braccia e del tronco.
Questo emerge studiando i sintomi standard della mia sindrome.
Mi ci sono voluti anni di approfondimenti e diversi test per dimostrare che invece la mia condizione era un'altra.
Ora rientro nella categoria S5, perché il mio corpo soffre anche di contrazioni e spasmi agli arti superiori e al tronco.
C'è un mondo di mezzo tra il nome di una malattia scritto su un pezzo di carta, e la realtà di chi ci convive.
La mia patologia è degenerativa e questi sintomi si sono accentuati con il passare del tempo.

arianna talamona

I recenti Campionati del Mondo sono stati un vero successo, ho vinto due medaglie d'oro e tre d'argento.
Sono stata brava, ma questo non mi rende una persona migliore.
E' tempo di superare l'idea dell'atleta disabile visto come un eroe.
Certo, per fare sport dobbiamo spesso superare diversi ostacoli, a volte evidenti e altre meno. Ma sono sicura che tutti gli atleti del mondo devono farlo. Che ci siano difficoltà nel viaggio di ciascuno.
I nostri sono solo più visibili di quelli degli altri.

La realtà in cui viviamo oggi ci offre molte possibilità e noi dobbiamo sfruttarle, adattarci e crescere il più possibile.
Essere bravi, capaci, forti.
Esserlo senza aggiungere poi un nonostante o considerando che.
Sono una Campionessa del Mondo che ha trovato il suo equilibrio, ho una laurea magistrale e sogno una famiglia con il mio Roberto.
Vedo nel mirino i Giochi di Tokyo e poi, più in là, anche Parigi 2024.

Dopotutto, ho appena cominciato a godermela davvero.

Arianna Talamona / Contributor

Arianna Talamona